Alla fine aveva ragione Massimo Ceccherini. Delusione agli Oscar per l’Italia: il premio per il miglior film straniero va a La zona d’interesse del britannico Jonathan Glazer. Niente da fare invece per Matteo Garrone, in gara con Io capitano.
Come da pronostico vince la pellicola incentrata sulla vita del comandante di Auschwitz e di sua moglie nei pressi del campo di concentramento. Rudolf Hoess e famiglia vivono una esistenza agiata e tranquilla in una tenuta fuori città, tra gioie e problemi quotidiani: lui va al lavoro, lei cura il giardino e i figli giocano tra loro o combinano qualche marachella. C’è un dettaglio però: accanto a loro, separato solo da un semplice muro, c’è il lager di Auschwitz di cui proprio Hoess è il direttore.
Una metafora atroce sulla “banalità del male” realizzata attraverso immagini suggestive, inquietanti e potentissime. “Il mio film mostra a cosa può portare questa disumanizzazione, un film fatto per il presente – ha spiegato Glazer ritirando la statuetta sul palco -. Ci sono persone che stanno compiendo un’occupazione e fanno vittime. Poi ci sono le vittime di ottobre in Israele o quelle a Gaza e tutte sono vittime della disumanizzazione”.
Poche ore prima della premiazione, dall’Italia, avevano scatenato una bufera perché giudicate “antisemite” dalla comunità ebraica le frasi dell’attore toscano Ceccherini, che ha collaborato alla sceneggiatura di Io capitano. “Sono molto fiero di aver lavorato con Garrone che ha fatto un film favoloso – aveva detto ospite di Francesca Fialdini a Da noi… a ruota libera su Rai 1 -. Sappiate che il film della cinquina è più bello solo che non vincerà perché vinceranno gli ebrei“.