Ciò che non si spiega è come mai non ci abbia pensato nessuno prima. Eppure l’idea sembra l’uovo di Colombo: uno sciopero contro la guerra. Una giornata mondiale di astensione dal lavoro con l’intero pianeta a braccia incrociate per piegare, sotto il peso di un «disastro economico pari a dieci guerre», la fame di morte dei guerrafondai. A colmare una simile lacuna che, solo a pensarci prima, avrebbe potuto risparmiarci quanto meno tutti i conflitti dalla Rivoluzione industriale in poi, ci hanno pensato le scrittrici Barbara Alberti e Ginevra Bompiani. Il palcoscenico sul quale si è finalmente disvelata l’illuminante soluzione ai problemi dell’umanità è stata la puntata di giovedì sera di Piazzapulita in onda su La7. Qui le due autrici hanno inforcato gli occhiali e, davanti a un leggio, con voce impostata come si conviene a un evento di tale rilievo, hanno proclamato urbi et orbi il loro appello «a chi ha milioni di contatti con il mondo, a un movimento, una rete, un hacker che abbia a cuore la nostra sopravvivenza e la disfatta di chi la sta mettendo in pericolo».
Qui l’elenco dei cattivi che si ostinano a perpetrare crimini, conflitti e genocidi nonostante i «cinquanta milioni di morti» della Seconda guerra mondiale è lungo ed ecumenico: innanzitutto, la Nato che avanza, poi i russi che invadono l’Ucraina, Hamas, ma soprattutto Israele con la risposta «inumana» all’attacco del 7 ottobre che ha portato al «martirio infinito delle genti di Gaza. Stragi, stragi, stragi…». Tutti ci vogliono armati, è il grido d’allarme lanciato dall’elegante duetto pacifista. «C’è una fame di guerra che assomiglia ai prodromi della Prima guerra mondiale e annuncia la terza», e ci illudiamo che armandoci ci difenderemo, invece «armandoci ci consegneremo al nemico e alla morte». Ecco, quindi, improvviso il colpo di genio espresso dalla viva voce di Barbara Alberti: «Abbiamo un sogno, che qualcuno che abbia i mezzi di comunicazione adeguati a svegliare la terra», la mitica rete, insomma, «dichiari uno sciopero mondiale contro la guerra. Per un giorno incrociamo le braccia, per un giorno non si produce e non si consuma. Se anche il 20 per cento aderisse, anche solo per qualche ora, produrremmo un danno economico come dieci guerre». Un danno come dieci guerre: questo sì che sarebbe un bel contributo alla pace. «Così il mondo si accorgerà che esistiamo. Noi che vogliamo la pace perché la pace è la vita».
CHE PAURA!
Non è dato ancora sapere se il mondo si sia accorto «che esistono» o se anche stavolta non li abbia ancora sentiti arrivare. Non abbiamo nemmeno notizia della reazione che un tale, ultimativo annuncio abbia prodotto in Putin, nei leader di Hamas, in Netanyahu e in tutti i guerrafondai del pianeta. C’è da immaginare che al Cremlino stiano tremando all’idea dell’intero orbe terracqueo a braccia conserte mentre le truppe russe avanzano in Ucraina. Una super sanzione economica del peso di dieci guerre auto-inflitta all’intero l’Occidente in panciolle per la pace. Questo sì che terrorizza gli aspiranti dittatori e i tagliagole di tutto il mondo. Questo sì che favorirebbe la pace. La pace eterna.