L’inchiesta che ha portato i carabinieri del comando provinciale di Bari, coordinati dalla Procura della Repubblica, a eseguire 8 arresti (uno in carcere e 7 ai domiciliari) per associazione a delinquere finalizzata, a vario titolo, alla corruzione elettorale e voto di scambio, ipotizza che anche nelle elezioni regionali del settembre 2020, il gruppo capeggiato e promosso da Sandro Cataldo, marito dell’assessora regionale ai trasporti Anita Maurodinoia, sottoposto ai domiciliari, possa aver acquistato i voti a circa 50 euro ciascuno. In quella occasione la consultazione, che registrò la vittoria del centrosinistra e l’elezione alla presidenza di Michele Emiliano, coincideva con le votazioni per il Comune di Grumo Appula, nel barese. Oltre ai soldi sarebbero state promesse anche altre utilità come posti di lavoro. L’assessora, eletta nel Pd ma che con suo marito è esponente del Movimento civico Sud al centro, è indagata. Stamane si è dimessa.
Come scrive il gip Paola Angela De Santis nell’ordinanza, l’associazione «caratterizzata da vincolo pregresso e permanente» e «da una struttura stabile e organizzata» sarebbe stata finalizzata «ad ottenere i consensi necessari all’elezione dei candidati consiglieri comunali Lella Nicola (l’unico con ordinanza di arresti in carcere ndr) e Giuseppe Fiore (solo indagato) della lista civica ’Impegno Per Grumo’, a sostegno del candidato sindaco Michele Antonio Minenna, nonché all’elezione di Maurodinoia Anita candidata al consiglio regionale, tutti risultati eletti all’esito delle urne». La consigliera e assessora fino a stamattina ottenne oltre 19 mila preferenze e fu seconda tra i più suffragati nella lista del Pd, un grande consenso nelle urne tanto che venne soprannominata ’Lady preferenze’.
L’obiettivo sarebbe stato, secondo gli inquirenti, quello di «individuare, contattare e reclutare il maggior numero possibile di elettori» che sarebbero stati schedati (nome, cognome, indirizzo, recapito telefonico e sezione elettorale di riferimento). Sarebbero state anche raccolte e catalogate le copie delle carte di identità degli stessi e delle relative tessere elettorali finite in «un database informatico/anagrafico». Sempre secondo l’ipotesi accusatoria Cataldo sarebbe stato il promotore del «programma criminoso» mentre Lella avrebbe rappresentato il braccio operativo incaricato di contattare «personalmente» gli elettori e di promettere e consegnare il denaro o altre utilità in cambio del voto.