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Antonio Castro: occhio alle cassette di sicurezza

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Antonio Castro: occhio alle cassette di sicurezza

È uno dei segreti nazionali meglio custoditi. Al momento è noto (per approssimazione) che nel nostro Paese sono presenti tra il milione e il milione e mezzo di cassette di sicurezza bancarie. Tra piccoli scrigni, veri armadi blindati e caveau personali. Cosa ci sia realmente dentro non è dato sapere. Dai gioielli di famiglia all’argenteria, dai quadri alle opere d’arte, dai lingotti alle pietre grezze. E ovviamente contanti. Tanti contanti. Ma viaggiamo nel mondo delle ipotesi: il procuratore capo di Milano, Francesco Greco aveva anche azzardato una stima: nel 2016, in un’audizione parlamentare, il procuratore capo di Milano, Francesco Greco aveva parlato di 150 miliardi custoditi. Appena un anno dopo in un altro convegno aveva alzato la cifra a 200 miliardi. E qui finiscono le certezze. Per il momento quello che è certo è che nei prossimi 24 mesi a livello europeo sarà creato un registro centralizzato che conterrà nomi e cognomi di titolari di cassette di sicurezza, di conti correnti, ma anche di criptovalute.

Una vera e propria banca dati digitale europea. Alla quale potranno accedere le singole autorità nazionali competenti nel corso delle indagini relative al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo. A trascinare nell’era digitale uno dei più antichi sistemi di protezione delle ricchezze private (le cassaforti bancarie) ci penserà la nuova direttiva antiriciclaggio approvata definitivamente proprio questa settimana dal Comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea (Coreper), il principale organo preparatorio del Consiglio Ue. 

A dirla tutta la direttiva, il cui testo era stato concordato a fine gennaio come il restante pacchetto contro il denaro sporco composto dal regolamento antiriciclaggio e dal regolamento che darà vita all’Autorità europea Amla. Direttiva che verrà approvato formalmente dal Consiglio e dal Parlamento europeo prima di essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Ue.
Ma c’è dell’altro. Le banche dati digitali ora (e sempre più in futuro), saranno in grado di dialogare contemporaneamente tra loro a livello continentale. Superando di fatto quelle “gelosie” di campanile che ancora oggi limitano le interazioni. Attraverso l’interconnessione dei meccanismi automatizzati centralizzati degli stati membri, le singole Unità di Informazione Finanziaria (Uif) saranno così in grado di ottenere rapidamente informazioni transfrontaliere sull’identità dei titolari delle cassette ma anche di altri beni patrimoniali rintracciabili. Insomma, sarà sostanzialmente più rapido rafforzare «la capacità di effettuare analisi finanziarie in modo efficace e cooperare con i loro omologhi degli altri Stati membri». Proprio per questo motivo gli Stati europei – sottolinea il quotidiano Italia Oggi che da tempo segue la vicenda – dovranno istituire «punti di accesso unici per le informazioni entro 2 anni dalla data di trasposizione della direttiva, scadenza entro la quale dovranno mettere a disposizione anche le informazioni sulla titolarità effettiva degli immobili». Ma non basta. Se proteggere e mantenere occulti tesori e proprietà, patrimoni e gioielli è un’attitudine primordiale, più difficile sarà in futuro occultare al grande fratello finanziario europeo beni e possedimenti.

Scorrendo la direttiva si intuisce l’intento di velocizzare i processi di acquisizione dei dati. Tra gli obiettivi «il rilevamento dei trasferimenti di fondi relativi al riciclaggio di denaro e al finanziamento del terrorismo». Includendo norme di coordinamento sul funzionamento tra i vari Stati membri. «È quindi essenziale stabilire meccanismi automatizzati centralizzati, come un registro o un sistema di recupero dati, in tutti gli Stati membri come un mezzo efficiente per ottenere tempestivamente accesso alle informazioni sull’identità dei titolari» dei conti bancari e di pagamento, titoli, conti di cripovalute e cassette di sicurezza. Nella speranza che sia sufficiente a contrastare la criminalità e non serva soltanto ad piluccare quattrini dalle cassette dei cittadini che già pagano la custodia dei propri beni (in media dai 100 ai 500 euro l’anno). 

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