C’è un convitato di pietra nell’accordo che la premier italiana Giorgia Meloni firmerà a breve con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi e si chiama Giulio Regeni. Ancora Regeni a distanza di otto anni, diranno i cinici che si nascondono dietro le altisonanti ragioni della realpolitik? Sempre. Fin quando il Cairo non avrà risposto della tortura e della morte del ricercatore friulano, restituendo alla famiglia e al nostro Paese quantomeno la verità e la giustizia.
Meloni e al Sisi parleranno oggi di energia, di cooperazione e soprattutto di migranti, quello sì un tema che non retrocede mai nella scala delle priorità politiche. Non è la prima volta che i rapporti tra i due governi mostrano una solidità ben più importante delle proteste e delle reciproche rimostranze. Ma al di là dell’economia c’è anche il turismo, che dopo il 2016 aveva abbandonato le coste egiziane ma che èè tornato negli anni sempre più massiccio, forse addirittura in virtù della convinzione che dopo quell’”errore” gli italiani ormai sarebbero stati al sicuro all’ombra delle piramidi. Sin dall’inizio, non potendo negare l’omicidio di Regeni massacrato sul proprio territorio, gli apparati egiziani hanno lasciato intendere di considerare un “errore” quella morte, non diversa dalla morte che sempre più frequentemente, a partire dal 2015, è toccata in sorte a migliaia di giovani egiziani sospettati di tramare contro il regime. I suoi torturatori non avevano calcolato che Giulio Regeni era uno straniero e che la cosa non si sarebbe chiusa così.
Di quell’”errore” però, abominevole eufemismo, tutti i governi italiani hanno finora chiesto conto ad ogni incontro ufficiale con le autorità del Cairo, mettendo sul tavolo sia pur solo pro-forma il caso Regeni all’inizio di qualsiasi colloquio e ricevendo in cambio la solita promessa di fare luce. L’ha replicato anche Meloni all’inizio di novembre 2022 arrivando a Sharm el Sheik per la Cop27. Allora si notò come la tensione tra i due governi si fosse allentata e la scorta mediatica che accompagna da otto anni la famiglia Regeni denunciò la normalizzazione in arrivo, ma poche settimane dopo la Farnesina ribadì che su Regeni l’Italia non avrebbe mollato.
E quindi? Ha mollato oggi l’Italia sovranista la verità sulla morte di un suo cittadino? Ha mollato sull’altare del controllo dei flussi migratori, la più bieca delle realpolitik? Ci spiegheranno che trattandosi di un incontro con altri leader europei non c’era modo di parlare di Regeni, come se fosse un caso tutto italiano e non invece un caso che tira in ballo l’Europa e il suo rapporto con le dittature? C’è un convitato di pietra all’incontro del Cairo, pesantissimo. Chi non fa finta niente è la Procura di Roma che domani riprenderà il processo contro i quattro ufficiali egiziani che considera i responsabili dell’assassinio. Fino alla verità e alla giustizia.