PESCARA. Voce rauca, segnata da una campagna elettorale lunga e faticosa. «Abbiamo fatto 40mila chilometri, come il giro del mondo», scherza Luciano D’Amico. Sorridente nonostante la sconfitta, sempre pacato nei toni, il candidato presidente del centrosinistra in formato extra large si presenta in conferenza stampa con due minuti di anticipo. Applausi dei suoi sostenitori che affollano il comitato elettorale in corso Manthonè a Pescara.
D’Amico racconta di aver chiamato Marsilio per fargli i complimenti e parla di un «risultato chiarissimo, me ne assumo la responsabilità». Poi precisa subito che il suo impegno politico continua: «Faremo cinque anni di opposizione seria, nell’interesse dell’Abruzzo – assicura – e continueremo a costruire l’alternativa per farci trovare pronti». Quindi, il “professore” non molla e rilancia: «Andiamo avanti con questa coalizione, auspico che il campo largo possa essere replicato in altri contesti territoriali e istituzionali».
Ma il campo largo ha perso, perché «non siamo riusciti a spiegare bene la bontà del nostro programma – ragiona D’Amico – a convincere le persone, in particolare i giovani, che l’azione della Regione impatta sul loro futuro». Da questo punto di vista, «la sconfitta più bruciante è il fatto che 2 abruzzesi su 4 non sono andati a votare», non si è riusciti a recuperare l’astensione, obiettivo indispensabile per puntare alla rimonta. Inutile provare a chiedere all’ex rettore dell’università di Teramo un’analisi del voto più mirata sul risultato dei singoli partiti, con il Pd che è andato bene e il Movimento 5 stelle molto male. «Ringrazio tutti per il contributo, si sa che il M5s è più forte nel raccogliere consenso alle Politiche e meno a livello locale – glissa – ma l’unità intorno a questo progetto comune resta un esperimento straordinario».
Guai a demolire la prospettiva del campo largo, insomma, e a dare «una valenza nazionale a queste elezioni: è emersa solo nelle ultime settimane, ma la campagna si è giocata su temi locali». Certo, D’Amico non nasconde che «le promesse dei ministri del governo Meloni un po’ hanno pesato» e «vedremo se i tanti milioni promessi diventeranno acqua che cade o resteranno sulla carta». Come sarà necessario «vigilare sulle leggi mancia della giunta Marsilio, ci batteremo perché quei finanziamenti seguano procedure trasparenti». Non si sottrae alle tante domande, né agli abbracci di amici e sostenitori, alcuni con gli occhi lucidi. «Abbiamo perso un’occasione unica», gli dice una signora. Ma lui le prende le mani: «Non è detto, dipende da noi». Poi se ne va, mentre i ragazzi dello staff iniziano a smontare i pannelli con la scritta «Luciano D’Amico presidente».