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Senaldi: la Puglia certifica il trionfo dell'Opa di Conte sul Pd

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Senaldi: la Puglia certifica il trionfo dell'Opa di Conte sul Pd

I bari di Bari. Non sono solo quelli indagati per compravendita di voti che poi vanno a sostenere le maggioranze di Michele Emiliano in Regione e di Antonio Decaro in Municipio. Sono anche coloro che approfittano delle inchieste per scavare la fossa a Elly Schlein. Chi, come Giuseppe Conte, fingendo di cadere dalle nuvole e facendo la parte di quello che vuole aiutare la segretaria a far pulizia nel suo partito. Chi invece, come il governatore, sostenendola a parole ma mettendola in difficoltà nei fatti. Chi ancora, come il sindaco uscente, facendo lo gnorri, pensando solo a inseguire il proprio futuro e disinteressandosi delle macerie che lascia come se non fossero responsabilità sua.

Ciascuno ha valide ragioni per abbandonare Elly al suo destino e tutti sono agevolati dal comportamento privo di coraggio e carico di retorica con la quale la leader dem sta affrontando il difficile momento. Conte ha rivoltato la questione morale contro i dem e se ne serve come un randello per colpirli allo scopo di piazzare il proprio candidato sindaco a Bari, mettere un’ipoteca sulla Regione, per la quale si va a votare l’anno prossimo, e agganciare i dem in Puglia alle Europee, riducendo di un paio di punti il distacco del 4-5% che i sondaggi ancora fotografano tra Pd e M5S. Il governatore sceriffo vuole sopravvivere e respingere l’attacco personale che la segretaria gli ha portato fin dall’inizio del suo mandato, quando si scagliò, durissima, contro i cacicchi dem, mercanti di voti e populisti del Mezzogiorno. Il sindaco vuole essere eletto alle Europee e uscire con la camicia linda da tutto il fango che gli ruota intorno.

Fino a un mese fa era considerato un asso nella manica dei dem, un potenziale candidato alla segreteria, ora prova a limitare i danni: ha convinto Elly a sostenere per il Comune il suo storico capo di gabinetto, Vito Leccese e si appresta ad aspettare tempi migliori da Bruxelles. Tutti alleati contro Elly. La regia è studiata e le mosse sono in rapida sequenza, per impedire alla segretaria di studiare una strategia di difesa. Mercoledì l’ultima ondata di arresti nella giunta regionale. Giovedì Conte che ritira M5S dalla maggioranza e chiede ai dem un repulisti morale. Venerdì Emiliano che dà ragione al leader grillino e lo fa rilasciando un’intervista al Fatto Quotidiano, ormai un mezzo organ house del Movimento, un’immagine emblematica del Pd che si consegna nelle mani dei colonnelli di M5S.

«Realizzeremo quel che ci chiedono, faremo un rimpasto, chiuderemo in fretta questa parentesi e andremo avanti, sono d’accordo con tutti nel non tollerare più alcuna attività che non sia compatibile con i principi di legalità e imparzialità» afferma Emiliano, guardando dal di fuori il metodo che ha brevettato e il disastro di cui è stato tra i principali artefici. Con questo salto nel campo grillino, il presidente arma il bazooka di Conte, del quale ormai è la quinta colonna nel Pd, contro il suo partito. Poi, furbissimo, Emiliano dichiara di continuare a sostenere Leccese, spingendo la Schlein ancora un po’ di più nel tunnel dove un po’ si è cacciata lei, molto l’ha messa il leader grillino, facendo saltare le primarie alla vigilia del comizio della segretaria a Bari per sostenere come sindaco un autorevole esponente del sistema sotto inchiesta. Ha un bel dannarsi la capa del Pd, a dire che il suo partito con il malaffare non c’entra nulla e ad accusare Conte di slealtà.

Il leader grillino non ha mai nascosto di sostenere a Bari come candidato l’avvocato Michele Laforgia e il fatto che abbia atteso che venissero fuori le inchieste per far saltare le primarie e per lasciare solo il Pd e la sinistra a sostenere la giunta indagata di Emiliano legittima l’accusa di scorrettezza solo nei palazzi della politica, ma agli occhi degli elettori pare un comportamento nobile, disinteressato e giustificato. Certo, probabilmente è stato un trappolone al Pd, ma congegnato talmente bene da apparire la cosa più naturale del mondo. Il fatto che adesso alle Europee i dem finiscano qualche punto sopra M5S, o perfino che riescano a far eleggere Leccese in Comune a Bari, è poco rilevante. L’opa grillina sui dem è già riuscita. Emiliano ha tracciato la via: da oggi qualsiasi amministratore locale sa che deve passare da Conte, sia se vuole ottenere indulgenza dalla magistratura, sia se vuole essere eletto, visto che i dem votano come pecoroni i candidati del Movimento, ma il popolo a cinque stelle non vota quelli della Schlein, a meno che l’ex premier non li sostenga apertamente. Bari quindi non è un incidente o un episodio locale.

È un format nazionale, che vede la Schlein incastrata in un gioco a perdere perché si scontra con un leader più forte di lei. Conte infatti non è in discussione nel suo partito. Il suo destino non si gioca a Bari o in Piemonte, e neppure sul numerino che riuscirà a portare a casa alle Europee. Elly invece non è libera di fare la sua politica. Mezzo partito è ostile al suo progetto di un’alleanza organica con i grillini perché non si fida di loro, e a buona ragione, ma nessuno viene fuori a criticare apertamente, stanno tutti acquattati, attendendo che la capitana si schianti sugli scogli. Chi la spinge a tentare a ogni costo il dialogo la espone a umiliazioni quotidiane ma non cambia strategia perché significherebbe ammettere l’errore e fare un passo indietro nelle gerarchie del partito. In questo limbo, la Schlein non si può permettere di cedere a Conte, per esempio sostenendo Laforgia a Bari, ed è costretta a contraddirsi, condannando dal palco il sistema Puglia ma poi sostenendone un rappresentante come candidato sindaco e non facendo venir meno la maggioranza a Emiliano.

Tatticismi della politica che sostituiscono un progetto che manca, sia sul territorio che a livello nazionale. Gli elettori se ne stanno accorgendo e sono sempre più insofferenti; il che è un brutto campanello d’allarme per le Europee, dove potrebbero rimanere a casa, condannando la segretaria, che a quel punto avrebbe i mesi contati. D’altronde, due anni scarsi di guida è il massimo che i dem ultimamente concedono ai loro leader. Ma il calcolo di chi sta nascosto sulla riva del fiume aspettando che passi Elly potrebbe essere sbagliato: quando la mela marcia cascherà dall’albero, finirà nel cesto di Conte e non nel loro. 

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